L’immagine di Papineschi Silvia nasconde, indubbiamente, un messaggio particolare frutto di una chiara idea ed è proposta mediante uno schema compositivo egualmente chiaro e meditato.
Il contesto, ridotto al minimo e composto da un numero esiguo di elementi, ci permette di intravedere una scena nella sua piena realtà resa ancor più esplicita dalla presenza di una forma di comunicazione letterale.
L’ambiente, estremamente buio, ci priva però di alcuni particolari i quali, fermo restando la filosofia generale e l’effetto sensoriale che hanno ispirato la proposta, avrebbero contribuito, forse, ad accrescere l’efficacia del momento nella loro appena accennata visibilità tra un gioco complesso di ombre e penombre.
Mentre si osserva che la direzione degli arti procede e termina pressoché al centro dell’inquadratura – decisione, questa, coraggiossa – non si può non notare la presenza di alcune marcate deformazioni degli arti stessi.
La necessità di porre particolare cura nella risoluzione dei problemi riguardanti l’aspetto estertico è qui maggiormente sentita in quanto gli elementi interessati sono parte del corpo umano e, comunque, rappresentano il “centro di gravità” dell’immagine, cioè il motivo fondamentale su cui poggia l’idea dell’Autrice.
Quanto sopra, può essere riferibile a ogni parte del nostro corpo, ma è importante porre una specifica cautela nel caso di una ostentata rappresentazione delle mani e dei piedi della persona; cosa, questa, che in casi come quello qui in esame è consigliabile evitare.
Marcello Ricci