Credo che il lockdown abbia fatto riflettere molto sul concetto di solitudine, tra le molte immagini realizzate sull’argomento quelle più riuscite sono quelle che hanno sottolineato questo stato d’animo.
Questo trasporto è ben veicolato dal portfolio di Roberto Cacelli dove ogni immagine richiama questo sentimento. E’ un gran merito perché Il linguaggio delle immagini è senza dubbio più ermetico della parola scritta ed i fotografi non sempre riescono a palesare le proprie intenzioni ed il proprio sentire e l’osservatore, se non ben condotto, può gettare quello sguardo critico che ne modifica il significato.
Le fotografie che compongono questa narrazione sono ottimamente realizzate rispettando i canoni estetici della fotografia tradizionale, niente oscurantismi e niente ricorso a quella “serendigrafia” (Schuette) con la quale spesso si è soliti esprimerci oggi, dove il lavoro di post produzione travalica la, praticamente inesistente, fase di scatto. Come sostiene Cheroux nel suo brillante saggio l’”Errore fotografico” talvolta anche le fotografie sbagliate trovano spazio in certe libertà espressive della fotografia moderna.
Utilzzando un buon bianco nero dove la luce ambiente è sempre ben dominata; questo lavoro mostra, in maniera completa, la scansione di una giornata di lockdown dalla mattina alla sera con ben evidenziati tutti i momenti significativi.
Per problemi di unitarietà non giustifico il richiamo colorato (mancante nella foto 2) sull’onnipresente flacone di disinfettante che, anche se necessario, finisce per diventare un “Punctum” troppo imposto.
Veramente bravo Roberto Cacelli! in futuro, quando sarà finita l’emergenza, queste immagini saranno un ottimo supporto alla nostra volatile memoria.
Roberto Evangelisti