Diceva Robert Capa: “le tue fotografie non sono buone? allora non eri abbastanza vicino!”. Roberto Batini ha applicato questa regola fondamentale, che poi è una delle necessarie per un buon reportage.
Immergendosi nel Gay Pride come fosse un manifestante ha ritagliato, fotograficamente, spazi e momenti significativi.
Le immagini raccontano bene non solo l’orgoglio gay ma trasmettono anche quell’atmosfera di gioia, amicizia e musica che caratterizzano questi contesti. Ha usato ottiche giuste senza enfatizzare con forzature prospettiche. Nell’osservazione il nostro sguardo si sposta di soggetto in soggetto e ognuno di questi aggiunge significato e completa.
Coraggiosa, ma condivisibile solo in parte, la scelta del bianco-nero in un contesto dove il colore è padrone.
Non occorre una sinossi, la sua fotografia esaustiva è la rivincita dell’immagine sul linguaggio scritto.
Autentici tableau vivant le due foto d’apertura, spaccato di una eterogenea folla oceanica, poi un riflesso sugli occhiali che ripete la piazza, e ancora braccia usate come cornice per evidenziare e dare intimità ai soggetti posti al loro interno. Tutti sono felici come i personaggi della foto 5 e 6. Bello lo sfuocato significativo della foto 7 usato per non distogliere l’attenzione sulle figure centrali. Chiude bene il lavoro con un personaggio a sinistra che fornisce una quinta significativa su un partecipante con l’immancabile bandiera.
Batini ha fatto un buon lavoro facilitato dal fatto che in queste manifestazioni tutti i soggetti sono collaborativi con il fotografo e non esiste quella negazione o ritrosia al mostrarsi che troppo spesso affligge ed ostacola la pratica fotografica.
Roberto Evangelisti