Quando il fotografo riprende un ritratto diviene in qualche modo un investigatore e più ancora uno psicologo perché nei momenti precedenti allo scatto, se è uno scatto pensato e non un colpo di fortuna, il rapporto immagine/soggetto deve dare un risultato che risponda sia all’interpretazione d’autore, che ad una sorta di verità interiore del fruitore dell’immagine.
Calloni ha interpretato Priscilla in luce ambiente. L’ambiente per quanto in penombra ha una sua profondità ed anzi una suggestione di non moderno. E’ quasi un pannello pittorico di un tempo lontano. In questo sfondo compare Priscilla, e compare come attraverso il linguaggio della poesia rinascimentale: la pettinatura in due anse scende sul petto, lo scollo accenna moderatamente alla sua femminilità, l’espressione, nel chiaro scuro della luce soffusa, è indecifrabile come la giovinezza della ragazza. La centralità del busto la rende allegoria di una bellezza che non è più di moda travisata com’è oggi da strappi nei vestiti, tatuaggi sulla pelle, trucchi che assomigliano a maschere surreali. Calloni ci dà un ritratto che nella sua mitezza di luci e di forme ci induce a pensare che la semplicità, come la verità, ed anche il mistero che un volto esprime, sono valori che continuano ad essere importanti nell’iconografia digitale del nostro tempo.
Giorgio Tani