Lo sport si compie nei suoi momenti agonistici. Sono momenti in qualche modo estremi dove la forza fisica e la volontà di vittoria dell’atleta si combinano in uno spettacolo che magari si condensa in un solo attimo ed è quello che il fotografo deve riprendere e fare suo. Il rugby è uno sport di squadra e la sua spettacolarità sta nella lotta fisica per il possesso della palla ovale.
Andrea Bientinesi sintetizza tutto questo nella scena topica del placcaggio. La palla ovale non deve andare a meta. Lo fa cogliendo lo sforzo sovrumano di tre atleti e l’immagine è forte per il fango che sprizza nell’aria e diventa quasi una pioggia scura .
L’istante è formalmente compiuto nell’uomo che afferra le gambe, nell’altro che afferra i fianchi e nell’uno che difende la palla per quanto gli è possibile. La scena è quasi drammatica e, dato che ci sono, mi ha ricordato il perché da ragazzo ho rinunciato al rugby: allo stadio Padovani di Firenze si componevano squadrette di ragazzi di 15- 16- 17 anni, e io per far parte di una, erano altri tempi, dovevo comprarmi la maglia della squadra. Alla prima uscita con quella maglia che mi era costata quella che oggi vien detta paghetta, nella squadra opposta entrò un americano grosso come un bisonte e al primo agguanto me la stappò tutta. Capii che quello non era lo sport per me. Ma so anche che da ragazzi bisogna provare tutto.
Bientinesi ha messo in risalto la crudezza di uno sport che più è rude e fangoso, più bello è, e lo ringrazio per avermi provocato un ricordo.
Giorgio Tani