* Amleto: Non vedete niente là?
Regina: Niente. Eppure vedo tutto quello che c’è.
Shakespeare (Amleto- atto III)
Andando alla continua ricerca della mia norma estetica trovo, nella fotografia ”Fine estate” di Marco Taccola, lo spunto per innumerevoli riflessioni.
Quanto un soggetto a noi vicino o di uso comune possa diventare, inequivocabilmente, un’opera d’arte è stato affrontato da fotografi e studiosi, dal filosofo Arthur Danto nel saggio “La trasfigurazione del banale” (*citazione in apertura) a Paul Strand con le fotografie raccolte nel “Il mondo davanti alla mia porta” e più recentemente dal fotografo americano Gregory Crewdson. Cito solo questi per brevità senza sfociare nel vasto campo della pop art di Andy Warhol.
Certo Marco dimostra di essere una persona preparata e sensibile, capace di cogliere il bello nell’usuale di tutti i giorni, appena, appunto, fuori della sua “porta”. Non ha necessità di recarsi in paesi lontani. La bellezza è intorno a lui, fortunato, che la sa cogliere vivendo mentalmente in un mondo senza confini.
Questa è una lezione! e dimostra che la fotografia è capace di valorizzare i soggetti in maniera straordinaria.
Tutto ciò che è raccolto e “stampato” acquista una grande dignità perché invita l’osservatore a riflettereallargando e trasformando la sua esperienza visiva.
La sua immagine possiede un indubbio valore di segno e, proprio, attraverso il rimando emozionale raccontaefficacemente la “pace” di fine estate quando i clamori vacanzieri si attenuano.
Fotograficamente è formalmente corretta; i bassi contrasti favoriscono l’essenzialità minimizzando l’impatto negativo delle ombre delle poltrone.
Roberto Evangelisti