Raccontare emozioni e sentimenti attraverso un ritratto è certo una delle più dirette possibilità offerte dalla fotografia. Va però sottolineato che il linguaggio iconico non mostra la verità ma ne è una rappresentazione polisemica e quindi soggetto a letture interpretate
Il ritratto realizzato da Irene Antonelli ci colpisce e pone molti interrogativi. Concentrandoci su ciò che vediamo siamo portati a ipotizzare che la protagonista abbia vissuto un evento doloroso. Ne è testimonianza la sbavatura nera, forse creata dal pianto, che segna pesantemente una parte del volto della ragazza ritratta. Più di tanto però non è dato sapere. Cosa sia successo non è dichiarato. La scelta compositiva che affonda nel buio e nasconde lo spazio circostante accentua l’ambiguità dell’accaduto. Lo sguardo è fisso, poche le emozioni che traspaiono. L’occhio visibile guarda verso qualcosa o qualcuno in modo determinato, ma senza aggressività. Anche il taglio dell’inquadratura, che cancella metà volto, rafforza questa situazione sospesa. La scelta del tono cromatico e del tipo di luce contribuiscono ad enfatizzare il senso di mistero. Uno standby per riprendere coscienza di sé, superare le barriere e reagire.
Orietta Bay